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Le professioni che aumenterebbero il rischio di demenza del 60%: lo studio allarmante

Pubblicato da
Emiliano Fumaneri

Una ricerca lancia l’allarme sui lavori associati a un rischio più alto del 60% di ammalarsi di demenza. Ecco quali sono.

Alcuni lavori farebbero male alla salute del nostro cervello e aumenterebbero di molto – fino al 60% – il pericolo di sviluppare la demenza. Il warning arriva, si legge sul britannico Mirror, da un esperto come il professor David Raichlen, studioso del cervello specializzato in biologia umana ed evolutiva presso l’Università della Southern California.

C’è un legame tra alcune professioni e un rischio maggiore di ammalarsi di demenza – cesenamio.it

Raichlen ha condiviso le sue preoccupazioni durante uno degli ultimi episodi del podcast di Steven Bartlett, Diary of a CEO. Il professor Raichlen, impegnato da tempo nello studio dei collegamenti tra esercizio fisico e salute cerebrale, ha messo in guardia contro una modalità lavorativa che a lunga andare non fa per nulla bene al nostro prezioso organo. 

Ma quali sono questi lavori “a rischio” che possono compromettere la salute del nostro cervello fino ad aumentare così tanto il rischio di ammalarsi di demenza? Sono diversi, ma tutti accomunati da condizioni lavorative molto simili.

Demenza, quali sono le attività che aumentano il rischio di ammalarsi

I lavori più rischiosi, sotto questo punto di vita, sono quelli che portano le persone a stare sedute per molte ore durante la giornata. Sono questi soggetti, sia per lo stile di vita che per il lavoro, a correre il rischio maggiore di sviluppare la demenza.

Un’eccessiva sedentarietà lavorativa non fa bene alla salute del nostro cervello – cesenamio.it

Insomma, stare seduti troppo a lungo non fa bene al nostro cervello. Lo mostra uno studio del settembre 2023 apparso sul Journal of the American Medical Association (JAMA) dal quale emerge che muoversi poco per 10 ore o più al giorno aumenta la probabilità di contrarre successivamente la demenza. La ricerca ha coinvolto 50 mila persone non malate di demenza facendo indossare loro un accelerometro da polso per una settimana per monitorarne i movimenti quotidiani.

A sei anni di distanza, i ricercatori hanno verificato quanti dei partecipanti avevano ricevuto una diagnosi di demenza. Dopodiché hanno confrontato questo dato con le letture delle attività dall’inizio dello ricerca. I risultati del confronto parlano chiaro: le persone inattive per almeno 10 ore al giorno avevano maggiori probabilità di sviluppare demenza rispetto a quelle che si muovevano di più. «Se stai seduto per 10 ore al giorno, rispetto a 9 ore al giorno il rischio di demenza aumenta di circa il 10%. Se ti siedi per 12 ore al giorno, il rischio di demenza aumenta di circa il 60%», spiega Raichlen.

Le professioni che rischiano di più di farci ammalare di demenza

La lista dei lavori che costringono a stare seduti per lunghi periodi di tempo comprende professioni come quelle di receptionist, autista di autobus, scrittore freelance, pilota, macchinista, giudice, ingegnere del software, contabile e grafico. Altri lavori più a rischio demenza possono essere anche quelli dello spedizioniere, dell’addetto all’inserimento dati e del conducente di veicoli pesanti.

Uno dei mestieri che fa passare più tempo seduti è quello dell’addetto alla reception – cesenamio.it

Tuttavia, «nel corso degli ultimi decenni – ha aggiunto l’esperto – ci siamo resi conto che è possibile generare nuovi neuroni, soprattutto in aree chiave del cervello come l’ippocampo, che è associato alla memoria». Questa crescita di nuovi neuroni potrebbe rappresentare la chiave per prevenire o addirittura impedire malattie neurodegenerative come la demenza.

Per creare nuove cellule cerebrali, dice Raichlen, occorre fare attività fisica: la quantità ottimale è di «150 minuti a settimana». Ma solo un quarto degli adulti americani rientra in questo range, mentre gli anziani si limitano a due-quattro minuti giornalieri di attività fisica.  Anche altri studi, spiega il professore, suggeriscono che rimanere attivi può aiutare il nostro cervello a invecchiare meno rapidamente. 

Pubblicato da
Emiliano Fumaneri